Sappiamo come tutte le nostre “attività di base” posseggano un costo “energetico” che si chiama metabolismo di base.
Una regola empirica stabilisce un dispendio energetico di base di poco inferiore alla chilocaloria al minuto, che vuol dire circa 50 chilocalorie/ora.
Per una normale persona sedentaria, che percorre nella giornata non più di poche centinaia di metri a piede e sale su una o due rampe di scale, questo consumo non subisce variazioni specifiche e perciò si attesta sulle 1300-1500 kilocalorie giornaliere, a seconda se si tratti di uomini o di donne.
Ben diverso è il caso di coloro che praticano periodicamente un’attività sportiva: per loro i consumi salgono decisamente, fino a raggiungere i valori di 7.00 chilocalorie e oltre. Risulta chiaro come quest’aumentata richiesta energetica debba essere sopportata da un adeguato regime alimentare, che prende anche il nome di dieta.
Di diete, nello sport, ve ne sono di vario tipo, soprattutto in rapporto alle specifiche prestazioni. Gli sport di gran fondo, come lo sci alpino o le maratone, necessitano di apporti prevalenti di grassi; gli sport di forza pura o di forza esplosiva bilanciano miscele di proteine e carboidrati. Il tutto aumenta e diminuisce in differente misura a seconda del periodo della programmazione con l’obbiettivo permettere all’atleta di costruire in modo ottimale il suo “serbatoio di carburante” da utilizzare durante il momento agonistico.
È dunque erroneo abbinare il concetto di dieta al puro dimagrimento, anche se ben sappiamo che di regola nella nostra società i fabbisogni quotidiani vengono a tal punto superati che il mettersi a dieta significa di fatto limitare in vario modo la propria alimentazione scorretta e inadeguata.