Fino ad una ventina di anni fa una donna incinta era considerata quasi una malata ed il parto era completamente medicalizzato. Una volta avvertite le prime doglie la futura madre veniva presa in carico dal personale medico e diventava un soggetto assolutamente passivo.
Negli ultimi anni però ha cominciato finalmente a prendere piede un approccio molto più rilassato verso quello che dovrebbe essere considerato semplicemente un evento naturale e fisiologico.
Dal mondo anglosassone fino alla nostra chiusa cultura latina ha iniziato a diffondersi una nuova mentalità che considera la madre soggetto attivo del parto. E che, in base a questa convinzione, lascia a lei alcune scelte importanti, come quella degli antidolorifici d’elezione o della posizione ideale in cui gestire contrazioni e fatica. La classica postura supina, ad esempio, è in realtà una delle più dolorose per la partoriente ed una delle meno efficaci per l’espulsione del bambino, ma è stata a lungo utilizzata per la sola comodità del personale sanitario, dall’ostetrica di paese al ginecologo di città.
Ovviamente, per far in modo che questo nuovo approccio sia efficace, è bene che si crei un ottimo rapporto di fiducia tra professionista e futura madre, e che quest’ultima sia bene informata circa tutte le tecniche e le possibilità a sua disposizione. La donna, di contro, non deve mai irrigidirsi in un’idea astratta e ideale del parto formatasi nei nove mesi di gravidanza, ed essere pronta a seguire i consigli del personale che l’assiste, soprattutto nel caso che si presentino degli inconvenienti durante il travaglio.
Un lavoro di squadra ed il rispetto del ruolo di ognuno sono alla base per un parto sereno e naturale.